mercoledì 28 gennaio 2015

Da oggi sono ufficialmente ...

Zietta del cuore ... grazie Giuliana ...


martedì 27 gennaio 2015

27 gennaio 2015

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

sabato 24 gennaio 2015

MIrella e Gianni Agnelli

MIrella da qualche giorno se ne è andata via.
Ricordo le nostre assemblee, i nostri sogni le nostre disillusioni.
Ricordo la lettera che scrisse quando è morto Gianni Agnelli. La voglio postare qui.

A proposito del funerale di Gianni Agnelli mancava, è stato dimenticato da tutti, un partecipante: la dignità della classe lavoratrice.

E' stata la dignità che ha sostenuto e dato ad un’intera città la forza di andare avanti, giorno dopo giorno, anno dopo anno, per condurre una vita durissima, con la consapevolezza che non si poteva fare altrimenti, che era quello il ruolo affidato alla città: compiere il proprio dovere fino in fondo, a testa alta, lottando per far riconoscere i diritti fondamentali dell'Uomo alla giustizia all'uguaglianza e alla dignità, già, la lotta di classe.

Gli Agnelli si sono arricchiti con la Fiat, non sono stati Padri Comboniani che hanno sfamato una città, non hanno fatto beneficenza, hanno svolto il loro ruolo di industriali, di capitalisti.

Gianni Agnelli non è stato un capitalista illuminato come Adriano Olivetti che si preoccupava della salute fisica e mentale dei suoi dipendenti, altri tempi, certo, tempi passati, ora l'Olivetti non esiste più, il Canavese si è trovato in ginocchio, ora rischia di trovarsi in ginocchio l'intero comprensorio torinese, una tragedia certo, ma non raccontiamoci menzogne, Gianni Agnelli non era il padre buono e amoroso, era la controparte dura e impietosa, come tutte le controparti capitalistiche.
Ho 53 anni e sono un ex torinese, ricordo la mia città-fabbrica, le strade deserte alle 9 di sera anche in centro, lo facevano notare le persone venute da altri luoghi, da altre città, per me torinese era ovvio, al mattino si va in fabbrica, a lavorare, alla sera si va a letto, presto.

La vita notturna? C'era ovviamente, ma nascosta, nei locali, in collina, per pochi intimi, studenti di scuole superiori o universitari, figli della buona borghesia che la mattina dopo non dovevano timbrare il cartellino e pochi altri. Per il resto, per la plebe, o il pubblico come si chiama ora, la città era un grande dormitorio, una grande caserma, che si risvegliava la mattina all'alba, con i primi tram, i primi giornali, l'apertura dei primi bar.

Ricordo mio nonno che tornava a casa alla sera in bicicletta, lo ricordo d'estate, arrivava in bicicletta, smontando di sella da lontano e facendo gli ultimi metri in piedi su un solo pedale, con il "baracchino" di alluminio appeso al manubrio che mia nonna lavava e preparava per la mattina successiva, la minestra in fondo, la verdura e un po’ di carne nel ciotolino di sopra, e lui si lavava, una cena veloce con il giornale radio, una visita alla sezione del partito e poi a letto. "Così presto?". "La fabbrica è lontana, fuori città." "Prendi il tram." Sorriso di mio nonno "Ce ne vorrebbero due e costano, le mie gambe no".

E mio nonno che mi raccontava che durante la ritirata i nazisti distruggevano e incendiavano tutto e gli operai erano nelle fabbriche, con le armi, per difenderle, il loro pane era anche il pane dei padroni, in quantità diverse.

E poi ho incominciato a lavorare io, all'Olivetti, e andavo nelle fabbriche ad insegnare ad usare i macchinari, le prime macchine a controllo numerico.
E sono stata alla RIV, dove si producevano i cuscinetti a sfera, e spiegavo spiegavo e sembrava non mi capissero, e ho chiesto loro se c'erano problemi, cosa potevo fare, erano uomini di 40 anni o forse più ed io una ragazza di 20 anni, ed erano a disagio, si vedeva, e si vergognavano quando mi hanno chiesto di non parlare mentre scrivevo alla lavagna, perché non mi sentivano, ormai erano diventati sordi per il rumore dei cuscinetti in cascata contro le pareti di metallo.

E sono stata alle "Anime" a Mirafiori, era luglio e si soffocava fuori, figuriamoci dentro, al chiuso e sotto terra, si chiamava così perché era l'anticamera dell'inferno, era il luogo dove venivano fatte le colate della fusione dei motori di camion. I miei polmoni scoppiavano e ci sono stata poche ore, e i loro di polmoni?

E una mattina dovevo andare alla Cromodora dove si cromavano i paraurti delle auto, e mi è arrivata una telefonata, non venga signorina, si è sprigionata una nube, è pericoloso, ci sono già molti intossicati, la richiameremo noi quando non ci sarà più pericolo.

E una volta sono andata in un ufficio, fuori Torino, ed è passato l'omino del caffè, un pistolero con un cinturone in cui erano infilati bicchieri di plastica e termos. "Vuole un caffè signorina?" "Ora no grazie, dopo casomai" "Per noi non c'è un dopo, ora o domani mattina, e siamo fortunati perché possiamo prendere un caffè in orario di lavoro e possiamo andare in bagno quando vogliamo senza chiedere permessi come devono fare gli operai, permessi che a volte, a discrezione del capoturno, vengono negati".

E poi ricordo gli addetti alla verniciatura che pisciavano rosso e le prime denunce.

E poi ricordo l'autunno rosso, quando ero in prova e non avevo diritto di sciopero, e mi dicevano cerca di capire, cerca di scegliere bene, cerca di stare dalla parte giusta.

E mi ricordo quando ci siamo tutti schierati contro il terrorismo, e non  è stato facile perché parlavano di resistenza i primi clandestini, e c'era chi la resistenza l'aveva fatta e se la ricordava, la resistenza era ancora un patrimonio dei lavoratori.

E mi ricordo, ero bambina, quando hanno chiesto a mio padre, panettiere, di mettere in vetrina il cartello "Non si vende pane ai meridionali" e mio padre non lo ha messo, e c'era tensione in casa, paura.

E mi ricordo i cartelli "Non si affitta ai meridionali" e mi sembrava cattiveria pura ed era solo paura del diverso, un diverso fatto venire a  Torino in prova e dopo la prova non confermato.

Non ricordo più le cifre ma erano più persone prese in prova per un solo posto quindi le persone non confermate erano tante, e nel frattempo avevano fatto venire a Torino tutta la famiglia, anche allargata, e si ritrovavano senza lavoro, senza soldi, stipati in alloggi diventati ospizi, altro che parquet e porte rovinate e scarichi intasati e affitti non pagati, non avevano neppure un fornello su cui cucinare o un materasso su cui dormire. Erano stati richiamati a Torino da un sogno di lavoro, illusi e abbandonati a se stessi.

No, non è stata beneficenza, è stato lavoro, è stato dolore, è stata lotta dura, durissima.

MIrella


24 gennaio 2003

domenica 18 gennaio 2015

Myriam cinquedicembreduemila14

Ho il cuore in gola, se ne è andata anche Myriam, la nostra Regina dei fiori.

Ciao "Mimma", come ti chiamavo sempre e tu ne andavi orgogliosa, perchè così ti chiamava il tuo Papà.


venerdì 16 gennaio 2015

Carolina Turroni

Non trovo diseducativo lasciare che un bambino giochi, si sporchi i vestiti, tiri i coriandoli ad agosto, si dipinga i baffi con il carbone, buchi gli scatoloni per farne case o macchine con la fantasia.
E neppure che scopra, sia curioso, rida di gusto.
Non trovo diseducativo che ogni tanto si possa pranzare su uno scoglio, anche in inverno, guardando insieme la linea dell’orizzonte ed immaginando d’essere pirati, o che faccia capriole in un prato, o salti a due piedi dentro i mucchi di foglie e canti a squarciagola senza vergognarsi – come noi adulti – d’essere felice.
Quello che davvero trovo diseducativo è un bambino spinto a primeggiare in ogni situazione, un bambino esibito, frustrato, plasmato ad immagine e somiglianza di ciò che il genitore sognava di essere e non è stato. 
Un bambino non ascoltato, zittito, nutrito di tutto tranne che d’amore, occupato in mille cose pur di non dedicargli tempo, il nostro. 
Questo trovo diseducativo : il non saperlo ascoltare, il non volerlo davvero “ guardare “ per ciò che è, per farlo divenire ciò che potrebbe essere.
Carolina Turroni

mercoledì 14 gennaio 2015

Visto a modo mio

sabato 10 gennaio 2015

venerdì 9 gennaio 2015

Esattamente un anno fa ...

Eravamo insieme, tutti a tavola. Te, la tua piccola Principessa, il tuo Tutto, io e la Mitti.
Sono stati tre giorni splendidi, ti ho coccolato e ti sei lasciata coccolare, il tuo Tutto ti ha affidato a me e io ne sono stata felice. 
Erano i primi giorni di dolore fisico intenso.
Di sguardi incrociati, di sorrisi stretti, di amore infinito.

La tua mancanza la sento sempre, ma hai organizzato tutto per lasciarci con meno dolore possibile.
Ogni tanto rileggo i nostri messaggi.









Questo è l'ultimo post dedicato a Te, Sorellina del Cuore, quando mi prenderà la voglia di parlare di te, ritornerò su questo post e inserirò il mio pensiero.

Stringo il tuo cuore che porto con me dal giorno che me lo hai regalato e ti mando un bacio.

Ti lascio volare. Vola in alto.

La tua Sorellina del Cuore

http://arcangela-nullaaccadepercaso.blogspot.it/2014/07/non-ti-voglio-ricordare-voglio-viverti.html

http://vivodelcaloredelsole.blogspot.it/


http://arcangela-nullaaccadepercaso.blogspot.it/2014/09/terry-28-settembre-2014.html


Oggi 12 gennaio 2015
ciao piccolo fiore