venerdì 11 aprile 2014

Agosto 2013

In questi giorni che sembrano lunghi, ma non lo sono, ho trovato il modo di passare una mezz'ora nel verde e sorseggiare un caffè. C'è di che da osservare. Un'umanità che vaga tra un gratta e vinci, gli appunti della spesa, i falsi racconti di fantastiche vacanze al Forte, lo sfoggio di gioielli e la tristezza negli occhi. Ragazzine scioccherelle, con le mamme al seguito più stupide di loro. Badanti con la voglia di fare il colpo grosso alle macchinette e pensi ai sacrifici economici di quei nonni che le pagano.

Ma poi distogli lo sguardo e vedi quella donna con il viso segnato ma allegro, che ride di gusto e parla fitto fitto con la giovane figlia, e vedi la complicità, il rispetto e la voglia di stare insieme. Il tempo per loro si è fermato. La figlia si alza ed io le sorrido. Le dico, siete belle. Grazie mi rispondono in coro. E cominciamo a chiacchierare. Ossia loro parlano ed io ascolto. Ascolto e ammiro questa ragazza. Che non ha avuto paura di lasciare Firenze e due anni fa è andata a Londra, lavora in un bar e tutte le sante sere monta alle otto e fa le quattro del mattino. Voleva fare il barman e si accontenta. Si accontenta dell'alloggio, del cibo, e dei datori di lavoro. Perché il suo sogno è piccolo. Non pesare sulle spalle della madre, imparare l'inglese. E poi tornare in Italia e buttarsi nel vero sogno. Aprire un piccolo locale, dove non esista differenza di età. Dove si possa leggere, parlare, sentire buona musica, insomma un posto per darsi una mossa, nel rispetto degli altri ma con una vivacità tipica di questa gioventù che non sta alla finestra.